Il XVII secolo vide le auto-celebrazioni del potere dei Savoia in tutti i territori e le città del loro Ducato. Se è vero, come ha ricordato Alberto Basso nei due preziosi volumi L'ERIDANO E LA DORA FESTEGGIANTI, che da Carlo Emanuele I in poi gli splendori barocchi dei regnati furono esaltati da festeggiamenti in grande stile da Torino, ovviamente, a Chambèry, in Savoia, ad Ivrea, a Fossano ed a Nizza in particolare, ma anche, nel suo piccolo, in quell'Oneglia che aveva con Nizza (marittima) una relazione essenziale, l'aspetto festaiolo andava di pari passo con l'ascesa della potenza sabauda e con il rafforzarsi della sua potenza politica, militare e commerciale.
Per comprendere il senso di tale parabola non è male riandare alle vicende che seguirono la cessione da parte dei Doria dell'enclave onegliese ai Savoia alla fine del XIV secolo. Rinunciando poi Genova ad esercitare un potere forte sull'entroterra ligure, si crearono, a partire dal XVII secolo le condizioni di una più incisiva pressione del Re di Sardegna verso il Mar Ligure. La spinta sabauda in direzione della Liguria si fece più concreta tra il 1625 e il 1672, quando i Duchi di Savoia organizzarono spedizioni militari contro il ponente ligure. Le poche strade che dalla Riviera di Ponente conducevano ai confini con il Piemonte erano segnate da numerosi feudi imperiali assegnati a patrizi genovesi. La conformazione del territorio favoriva le mire dei Savoia dal punto di vista militare, anche se comportava qualche svantaggio per la viabilità commerciale, in particolare per il trasporto delle derrate provenienti dal mare. Per portare le merci sbarcate nei porti di Nizza e di Villafranca, assai operosi e di grande apertura di rapporti internazionali (grazie alla lungimirante politica marittima sabauda), l'unica via percorribile era quella del Colle di Tenda (impraticabile, tuttavia, d'inverno), mentre Oneglia -enclave sabaudo dal 1576 -godeva di strade più agevoli, ma che attraversavano il territorio genovese. Il casus belli tra la Superba e il Piemonte, proprio per questi problemi, attribuiti prevalentemente alla pesante fiscalità doganale genovese, venne dalla litigiosità tra la Comunità di Pieve di Teco e quella di Ormea sulla giurisdizione del pascolo di Viozene.
Il conflitto non fu positivo per il Piemonte, che ebbe la peggio e solo la mediazione di re Luigi XIV di Francia pose fine alle ostilità: nel 1673 il trattato di Saint Germain de Laye restaurò lo status quo tra i due stati confinanti. Peraltro la strada era ormai tracciata per la crescente potenza piemontese verso la Liguria. Nizza, città di tradizione ligure-provenzale, finì per assumere sempre di più un ruolo egemone, quasi sovrastando quella stessa Savoia che era stata comunque la culla della dinastia sabauda.
Nonostante il suo trovarsi in ogni caso in una posizione strategica ambita dalla Francia, Nizza apparteneva (e appartiene) alla regione ligure ed italiana di conseguenza. Il contado nizzardo era dunque un fiore all'occhiello, per la sua complessità di influenze, della corona sabauda. Alle sorti di Nizza è legata, tra l'altro, la storia di Giovanni Lantrua, originario della Valle Argentina e trasferitosi a Nizza durante il periodo precedente la conquista napoleonica alla fine del XVIII secolo. Non certo pervaso da quella vocazione missionaria che portò il Beato Lantrua, suo parente, a morire martire in Cina, Lantrua amava viaggiare e perseguire ogni interesse mercantile. Fu a seguito dei contatti con mercanti sanremesi attivi in Russia e nel Mar Nero, che Lantrua lasciò Nizza, dove lasciò un suo fondaco, per trasferirsi in Crimea, terra di memorie liguri e sopratutto genovesi, oltre che meta di italiani di diversa provenienza (alcuni di essi prestavano servizio nella marina zarista). Pellame e preziosi erano l'oggetto delle mercanzie del Lantrua (tracce del suo nome o dei suoi discendenti erano presenti ancora nel XIX secolo e fino alla metà del XX secolo ad Odessa, che vide pure la presenza come marinaio di un altro celebre nizzardo, Giuseppe Garibaldi, l'Eroe dei Due Mondi. Nizza era insomma un centro di grandi influenze e di relazioni internazionali e sotto l'egida dei Savoia scrisse splendide pagine di costume e di storia, che restano un patrimonio indelebile per la tradizione nazionale italiana.
I fuochi d'artificio che illuminarono le notti di festa nizzarde dopo il ritorno dei Savoia sia alla metà del XVIII secolo che dopo la parentesi napoleonica dimostrarono quanto forte fosse il legame (e l'affetto) della città e de suol suo contado per la causa sabauda. Argomento sul quale non si mancherà di tornare e che merita certamente un nuovo e più consapevole approfondimento anche da parte degli studiosi, che hanno a cuore la ricerca della verità storica. Tra essi il Professor Gandolfo che ha avuto modo con alcuni suoi magistrali interventi su Sanremonews di ricostruire i momenti decisivi della dolorosa cessione di Nizza alla Francia nel 1861, ma anche gli episodi che registrarono gli scambi territoriali e diplomatici franco-piemontesi un secolo prima. Altro discorso da riprendere anche quello dei cognomi liguri-piemontesi della Contea di Nizza, che ancora danno il segno di una presenza storica inequivocabile.
Casalino Pierluigi