Da Monte-Carlo, durante il Golden Foot 2010, la leggenda del calcio italiano Giancarlo Antognoni ripercorre alcuni attimi indimenticabili. Ed incontrando un mito del calcio italiano ritorna quasi come un leitmotiv Spagna ’82 secondo le cronache sportive uno dei tornei calcistici più belli di sempre. Proprio nei momenti in cui si legge una brutta pagina della storia del calcio e dello sport, il ricordo di quella notte magica è ancora viva nei ricordi di tutti, nelle famiglie in festa, anche in quelle di chi era bambino, come chi sta scrivendo. Un regalo fatto alle nuove generazioni. E viene davvero spontaneo chiedersi cosa ricorderanno i bambini di oggi, presenti nelle appena trascorse ore nella notte a Genova Marassi o davanti alle conache disorientate della tv (l'intervista è di lunedì 11 ottobre).
Antognoni, se chiude gli occhi e pensa all’82, a quella sera. Qual è il primo ricordo?
- Intanto ringiovanisco di 28 anni…! Ricordo i primi incontri non molto brillanti, le partite. Dopo tutto è andato per il verso migliore. Ricordo questo cambiamento dopo le prime brutte partite che poi si sono tramutate in stupende partite con Argentina, Brasile, Polonia e Germania. Questo cambiamento totale della squadra in modo positivo. E riaffiorano i ricordi piacevoli per la vittoria, piacevoli per l’accoglienza in Italia da parte dei tifosi italiani che poi si è protratta per tanti anni… si può dire fino ad oggi. Sono ormai passati 28 anni, è stato rivinto un mondiale, però la nazionale dell’82 è sempre ricordata con affetto -
Quali sono secondo Lei i migliori giocatori in Italia oggi?
- Quelli che fanno parte della nazionale chiaramente, Gilardino e Pirlo, anche se sono un po’ avanti di età e poi i giovani emergenti Montolivo, Acquilani, portiere Sirigu. Sono giovani interessanti anche se non hanno ancora raggiunto quel livello europeo, ma lo raggiungeranno -
Cosa è successo al mondiale di quest’anno?
- L’italia è arrivata forse non al 100% della condizione fisica e moralmente un po’ giù. Essere eliminati da una compagine come l’Australia non è stato piacevole. Lì credo che proprio la condizione fisicia credo che abbia influito sul rendimento e poi forse qualche scelta non positiva. Forse l’inserimento di qualche giovane poteva essere più determinante. Però è il senno del poi che noi facciamo tutti, senza valutare quello che c’è a monte, all’inzio. Credo che Lippi abbia fatto quallo che doveva fare, forse l’unico errore è stato quello di non aver inserito qualche altro gicatore più giovane, più interessante -
Ora lei segue proprio i giovani. Se dovesse fare un raffronto tra giovani adesso e voi. Quali sono le differenze più evidenti? Eravate più motivati? E’ un luogo comune che oggi ci sia in gioco innanzitutto troppo denaro?
- E’ un luogo comune. Un calciatore se non ha la passione per questo sport non lo fa. Il sacrificio che comporta è la riununcia alla gioventù perché passi gli anni migliori, da 18 a 30/35 anni riunnciando a molto. Hai il grande guadagno ma certe rinunce sono inevitabili. Oggi i giocatori forse sono più “mediatici”. Non è facile essere tutti i giorni in 1a linea e credo che questo essere sotto i riflettori sempre sia una siutuazione un po’ negativa che crea loro pressione, dalla stampa alle televisioni. Ormai è un business che è entrato nel calcio. Le televisioni hanno investito molto e giustamente pretendono dei ritorni. Quindi i calciatori oggi forse si sentono più attori che protagonisti in campo, però quando vanno in campo danno sicurmente il massimo -
Qual è stato il segreto della squadra dell’82?
- Una squadra unita, che già si conosceva dal ‘78 con l’innesto di altri gicoatori, già abituata a giocare a certi livelli. Il segreto è stato proprio l’uinone tra di noi e il sacrificio. Battere Argentina e Brasile non è stato facile. Anche se in quel momento eravamo le squadre più forti al mondo, ma senza queste caratteristiche non si può batterle -
Una parola sul Golden Foot 2010? E’ contento di essere qui a Monaco?
- Si sono contento perché lasciare un'impronta in terra straniera, per modo di dire perchè Monaco è quasi italiana, fa sempre piacere. Vuol dire che hai lasciato qualcosa di positivo nella tua carriera. Pur non avendo vinto molto, a parte il mondiale, credo che la motivazione sia stata la fedeltà ad una città e ad una maglia e la rinuncia a non andare a giocare nei grandi club. Credo in ultimo sia stata questa la motivazione di questo stupendo riconoscimento -