A Nizza nel quartiere di Fabron lontano dal centro e dal classico percorso museale, un pomeriggio abbiamo scoperto per caso mentre vagavamo beatamente oziosi e senza meta, un'interessante mostra degli Archivi municipali nel “Palais de Marbre”, una splendida villa patrizia di fine ottocento, circondata da contemporanei casermoni che si affacciano sul sopravvissuto parco.
L'esposizione s'intitola “Nice 1915: l'Italie entre en guerre” e dedica una parte alle storie di alcuni dei tanti italiani emigrati oltralpe che si arruolarono come volontari nella Grande Guerra fra le fila dell'esercito francese prima dell'intervento militare dell'Italia. Una storia che non conoscevo.
Il flusso migratorio nella vicina Francia del sud iniziò a partire dal 1860, alimentata soprattutto da liguri e piemontesi, che forse erano andati laggiù perché non si sentivano tanto stranieri, accomunati ai “cugini” francesi da mentalità e lingua. I nostri bis-tris nonni (fra cui anche il mio bis nonno materno, Michele Ghibaudo originario di Cuneo, che si trasferì per qualche anno a lavorare come portuale a Marsiglia) facevano i muratori, carpentieri, manovali in città e coltivatori nel Vars.
In Francia, però, l'immigrato italiano è considerato “vanaglorioso, fanfarone, e portato naturalmente alla violenza, ma spesso privo di vero coraggio”. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale alle controversie per motivi di incomprensione e ostilità verso gli “stranieri che rubano il lavoro” si aggiunge l'astio nei confronti dell'Italia che non si allea con gli altri paesi contro l'impero austro-ungarico. Nel luglio 2014 sono ben 31.440 gli italiani a Nizza, ossia un quarto dell'intera popolazione. Dal mese di agosto un buon numero di loro si arruolano come volontari nei reparti “Legione Garibaldina”, unità della Legione straniera fondata da Ricciotti figlio di Garibaldi, altri sono reclutati come “figli di stranieri” nell'esercito francese.
Cosa spingeva questi immigrati a combattere nell'esercito francese? Per alcuni, certo, furono le motivazioni politiche. Ma per la maggior parte fu il solo spirito di sopravvivenza. Andarono a combattere per non morir di fame. Come testimonia uno di quei ragazzi, Lazare Ponticelli, nato a Bettola ed emigrato in Francia da bambino: “Mi sono arruolato perché non sapevo cosa fare. Non volevo tornare in Italia, dove si moriva di fame soprattutto in montagna”.
Nella mostra ci si perde ad osservare cimeli, fotografie, lettere, oggetti della quotidianità di alcuni degli emigrati. Un pettine, la tessera di un circolo, uno specchietto, un'immagine del santo protettore, un quadrifoglio portafortuna, la foto della fidanzata, tante lettere: gli oggetti ritrovati addosso ai soldati caduti nelle trincee.
E poi le storie. Ne citerò due per tutte le altre.
Arcangelo Sandri nasce nel 1896 a Cuneo, vive a Nizza con i genitori e i fratelli. A 18 anni, nell'agosto 1914, si arruola fra le fila dei volontari garibaldini. E' ucciso il 5 gennaio 1915 nelle Argonne. Il suo nome figura sul monumento ai caduti di Nizza. Nella foto in esposizione che lo ritrae, scattata in uno studio con un fondale disegnato, si appoggia ad uno sgabello portavasi, ma senza vaso, con il vestito buono della domenica e la paglietta in testa.
Antonio Gerbaudo, nato a Borgo San Dalmazzo nel 1891, arriva a Nizza con la famiglia. E' uno scapestrato. Suo padre cerca di piazzarlo a lavorare da un fumista, poi da un idraulico. Ma Antonio non ne vuole sapere di rigare dritto. Viene arrestato nel 1906 e nel 1909 per furto e vagabondaggio, quindi espulso verso l'Italia. Il padre cerca di farlo rientrare in Francia, ma non ci riesce. Antonio si arruola nell'esercito italiano nel 1915, distinguendosi come buon soldato. Muore di febbre spagnola a 27 anni il 21 novembre 1918 in ospedale, a Padova. Gerbaudo è (forse) uno dei militari ritratti nella fotografia che gli fu trovata nel portafoglio. Nell'immagine un po' confusa, sei uomini posano davanti ad un obice al fronte.
La mostra, gratuita, è aperta fino al 18 dicembre. www.nice.fr