Il Musée de la Photographie di Nizza sta suscitando, grazie alla recente collocazione in pieno “mercato dei fiori” davanti al palazzo della Prefettura, interesse anche nei non addetti ai lavori: prima bisognava andarlo a cercare, ora tutti coloro che vengono a Nizza ci passano davanti.
E quest’estate non si può non entrarci per ammirare le foto di Franco Fontana, un artista modenese di valore internazionale. Fino a 40 anni impegnato nell’arredamento per interni, vende la sua quota di azienda e si dedica alla fotografia di paesaggi, quasi un “arredamento per esterni”, non nel senso che si montano scenari o si costruiscono set fotografici da hoc, ma nel senso che per interpretare il paesaggio “devi diventare paesaggio”: “l’artista rifiuta la realtà, è lui che fa divenire realtà”.
E Fontana si mette a girare (lo vediamo con la sua Multipla) per l’Italia e poi anche per gli Stati Uniti per cogliere colori, ombre, riflessi forme del paesaggio che acquista grazie all’obiettivo una nuova dimensione, ai confini dell’astrattismo: “cancellare per eleggere” è il suo metodo, “significare il meno e non il più, e nel meno c’è il più”. E non sono giochi di parole e ci se ne accorge appena si entra negli ambienti in penombra del Museo: le luci e i colori delle foto appese sono abbaglianti e ci invitano a guardare, a vedere perché Fontana rende visibile ( e che visibile!) l’invisibile. Racconta un episodio: “degli amici vanno in Provenza e gli telefonano entusiasti dei paesaggi e dei colori che sarebbero adatti alle sue foto. Non si rendevano conto che erano state le mie foto a far loro vedere quei colori e quelle forme”.
E sulle pareti appaiono sfolgoranti le campagne e il mare dell’Emilia, della Puglia e della Basilicata, le tre regioni protagoniste del suo pellegrinaggio (“non dovete essere dei turisti, ma dei pellegrini: è il pellegrino che capisce il mondo camminando a piedi, non il turista): la presenza umana non compare se non nel rimando al fatto che si tratta per lo più di vasti territori coltivati. E dal paesaggio naturale si passa alle splendide foto del paesaggio urbano: “il paesaggio urbano è nato in America, non poteva nascere a Firenze”: ed ecco strade, muri, angoli di NewYork e la famosa Route 66, percorsa insieme allo scrittore Massimo Manfredi.
Ed ecco gli Asfalti, che non possono che avere come colonna sonora blues struggenti, blues che non stonano con le campagne emiliane o pugliesi. E il pensiero, almeno per quel che mi riguarda, corre ai quadri di Hopper, di Rothko, di Mondrian o di un altro emiliano come Mattioli e , per alcune foto, anche a Dubuffet e a Burri. Fontana si sente un cacciatore (e l’istinto per un cacciatore è decisivo) non solo di colori, ma anche di ombre: l’ombra è intrigante, proietta una presenza che è un’assenza e non può alla fine che sentirsi “un alchimista”, come tutti i veri artisti.