Si è detto che nel corso degli anni Trenta del XX secolo la principale fonte di spie contro l'Italia era il Deuxième Bureau francese, con una progressiva intensità in relazione al deterioramento della situazione in Europa che chiaramente precipitava verso il secondo conflitto mondiale.
Nella primavera del 1940 i francesi, che avevano ben compreso che Mussolini avrebbe attaccato il loro Paese, già sotto la martellante offensiva germanica, intensificarono l'invio frenetico di agenti nello Stivale nell'intento di sfruttare il poco tempo utile a disposizione prima della chiusura delle frontiere per raccogliere notizie sul movimento di navi italiane nei porti liguri e del Tirreno.
Il principale centro di reclutamento era situato a Marsiglia, ma con lo sviluppo degli eventi bellici l'iniziativa spionistica passò dai francesi agli inglesi che in tutto il Vecchio Continente dispiegarono le unità del SOE, lo speciale nucleo dei servizi segreti inglesi finalizzato al contrasto della macchina militare tedesca. Mio padre, Casalino Michele, come egli stesso ricorda nel suo diario di guerra che ho pubblicato e commentato anche come ebook (Il tempo e la memoria, la storia di Michele Casalino), dopo l'8 settembre si unì a tale organizzazione insieme a gran parte delle forze italiane disperse in Albania. Circostanza che ho ricordato anche nella mia intervista a Radio 24 sull'argomento qualche anno fa. Come facevo cenno il centro di Marsiglia costituiva una importante area di pescaggio di elementi antifascisti nei campi degli internati, come più tardi cercarono di fare i sovietici tra i deportati in Europa orientale (ma questa è un'altra storia di cui sempre il mio genitore fu testimone, essendo finito in campo di concentramento tedesco ai confini russi). Contrariamente a quanto si potrebbe credere, con la schiacciante vittoria tedesca e e la costituzione nel sud della Francia del regime collaborazionista di Vichy.(10 luglio 1940), la pressione spionistica a danni dell'Italia fascista non si attenuò. Nonostante il dilagare delle forze corazzate del III Reich, spezzoni del Deuxième Bureau si collegarono con gli apparati dell'Intelligence Service impiantato, sotto copertura, nella Repubblica di Vichy e promossero una intensa azione informativa antitaliana. Ancora nel 1941-1942 vennero reclutate nelle comunità italiane di Marsiglia e di Nizza un gran numero di spie, tornate in patria, via terra attraverso Ventimiglia o per mare, sbarcando a Bordighera o a Sanremo, per missioni rischiose e quasi sempre finite nella cattura da parte dei servizi italiani. Non è un caso, infatti, che sia la gestione degli agenti stranieri che l'utilizzo di pedine da sacrificare, senza alcun scrupolo nella speranza di ricavare informazioni utili, siano punti fermi nella attività informativa di ogni servizio segreto. La capitolazione della Francia rese più difficile la condizione degli emigrati italiani in quel Paese, anche a causa della stretta collaborazione tra la Gestapo, la polizia fascista e la gendarmerie di Vichy nella caccia ai sovversivi. D'altronde gli immigrati vivevano in condizioni precarie, spesso senza permessi di soggiorno, e rappresentavano una ghiotta opportunità per i reclutatori di spie. L'ingaggio era ritenuto da alcuni come un avventuroso modo di tirare a vivere, mentre altri si impegnavano in ossequio agli ideali antifascisti: in entrambi i casi, erano prevalentemente usati alla frontiera tra Italia e Francia in direzione della Liguria di Ponente. Tra misure di reclutamento ed espulsioni ne veniva meno tuttavia la qualità del servizio. I diretti avversari dei servizi francesi erano i carabinieri del centro CS di Torino, assai presenti tra Ventimiglia, Sanremo e Imperia, ma anche su Alassio, Albenga e Savona. La nostra rete piuttosto efficiente riuscì a scoprire le spie ancora prima del loro ingresso in Italia, mentre non di rado agivano spie al soldo delle due parti, spesso rilasciate dopo l'arresto per evidenti ragioni di opportunità. Un esempio che illustra ottimamente la situazione in atto fu quello di un certo Giovanni Rebaudo, domiciliato a Mentone, che attraverso il Passo Paradiso di Ventimiglia portò molte spie in Italia; talora veniva imprigionato con i suoi clienti e poi rilasciato per il successivo gioco a scacchi con i francesi gestito in maniera impeccabile dai carabinieri del CS. Il discorso si farebbe troppo lungo e lo si rinvia ad altra occasione, significando quanto complessa e sotto molti aspetti affascinante la guerra tra i servizi segreti fascisti, nazisti e alleati, compresi quelli sovietici che a Sanremo tenevano una base di collegamento legata ad una talpa nell'ambasciata tedesca a Roma scoperto ben presto in occasione dello sgominamento della rete sovietica nella capitale dopo un lavoro condotto fin dal 1934 dal controspionaggio militare italiano. Controspionaggio che si muoveva brillantemente in contatto con doppiogiochisti che facevano la spola tra Roma e Sanremo, con puntate su Ventimiglia. Una soffiata arrivata da un ex detenuto in stretto contatto con i carabinieri di Sanremo consentì di smascherare altri infiltrati al soldo dei servizi esterni dell'URSS presenti nella Città dei Fiori ufficialmente come ambulanti. Uno di questi, di nazionalità russa, ma perfettamente in grado di esprimersi in italiano e in francese proveniva dall'ufficio di collegamento che Stalin aveva lasciato attivo presso il regime di Vichy, senza preoccuparsi della resistenza antinazista e si era trasferito a Sanremo per monitorare i movimenti e i sentimenti dei frequentatori della Chiesa ortodossa russa, luogo di aggregazione di russi transfughi antibolscevichi, oltre che di una associazione di credenti slegata dalla deriva atea della madre patria.
Casalino Pierluigi