Sulla carta, i protagonisti della Semi Marathon de Nice si chiamano Erick Ndiema e Lucy Nthenya.
Sono loro che, fendendo il vento della Promenade, hanno tagliato per primi il traguardo dopo poco più di un’ora. Ma tra le pagine vere di questa giornata, raccontate con sguardo lieve da Silvia Assin, i veri protagonisti sono altri.
Non sono i numeri a contare, né i cronometri che si fermano con precisione chirurgica.
Conta l’umanità che riempie ogni metro del percorso: bambini con le ginocchia sbucciate e sorrisi più larghi della strada, nonni ostinati con il passo incerto e il cuore saldo, disabili che trasformano la fatica in festa.
Tra loro, Jean Barakat, che ha impiegato 3 ore e 33 minuti per coprire la distanza dei 21 chilometri. Un tempo lungo, forse, ma ogni suo minuto è un manifesto silenzioso di resistenza e dolcezza. Nessuna medaglia può raccontare quello che racconta il suo arrivo.
L’obiettivo di Silvia cerca e trova questi volti: mani intrecciate, occhi lucidi, bocche spalancate in risate che sanno di libertà. In un mondo che misura tutto in velocità, risultati e prestazioni, lei ci restituisce il valore semplice e raro della normalità.
La Semi Marathon de Nice è così: una tela stesa lungo il mare, dipinta di storie che nessun podio premierà, ma che resteranno appese nella memoria di chi c’era.
Un popolo in movimento che, per una domenica di aprile, ha corso non per vincere, ma per esserci.
Alla fine, forse è questo che resta: la bellezza fragile e potentissima di chi, contro ogni logica e senza clamore, decide di celebrare la vita con un passo alla volta.