Altre notizie - 25 dicembre 2023, 00:01

Il “senso” del Natale

Il “Buon Natale” che in questi giorni ripetiamo quasi fosse un mantra, deve tornare ad avere senso e ad esprimere un augurio e non una frase fatta

Il “senso” del Natale

Ha ancora senso augurarsi Buon Natale?
L’atmosfera è quella che è, col clima cambiato che, in Costa Azzurra, ricorda più la Pasqua che le feste di fine anno.

L’umore non è dei migliori: inflazione e impoverimento mettono a dura prova le famiglie, mentre le guerre e il rischio di un riorno dell’epidemia creano nelle persone una palpabile incertezza.

A fare da contraltare le luminarie, le tante casette di Babbo Natale, la frenesia che si è impadronita delle persone come tutti gli anni, ma con meno trasporto e più individualismo che si è concretizzato negli acquisti on line e nei negozi spesso usati solo come vetrina.

La festa religiosa ormai è tale solo per un numero ridotto di persone, quella laica, che ha sostituito Gesù Bambino con Babbo Natale, si è trasformata in una grande fiera, come ve ne sono tante, in ogni stagione.

Certo, doni, auguri, buoni propositi si sprecano, ma Natale è un’altra cosa e quella “cosa” si stenta a trovare e si fatica ad individuare nei centri commerciali, tempio dell’oggi che ha preso il posto della grotta, della mangiatoia e dei pastori.
Eppure Natale ha ancora senso.

La storia di un “bambinello” nato in una grotta, in Palestina, è attuale, drammatica, emblematica.

Il dramma di chi muore in un barcone mentre cerca un futuro e una speranza in luoghi che a parole lo sostengono, ma nei fatti lo condannano.

Gli Stati etici (sempre di più, per lo più per calcolo elettorale) che mettono a repentaglio conquiste frutto di lotte e di alti pensieri filosofici e non si pongono problemi a mandare a morte o a punire duramente chi non è d’accordo.

Le vittime di femminicidi, violenze, stupri che si vedono anche attribuire colpe e resonsabilità e che spesso non sono prese sul serio anche quando sporgono denuncia.

Alcuni esempi di una lunga teoria per la quale occorrerebbe provare vergogna e non dimenticare esaltando il menefreghismo e l’individualismo.

Occorre ripartire proprio dal Bambinello nato in terra di Palestina, con un approccio laico, ma ci vuole coraggio.

Bisogna abbandonare la comoda quotidianità per tornare ad esprimere sentimenti umani: l’amore, l’indignazione, la resilienza, la fratellanza, la solidarietà.

In una parola esaltare la dignità: solo così il Buon Natale che in questi giorni ripetiamo quasi fosse un mantra, torna ad avere senso e ad esprimere un augurio e non una frase fatta.

Buon Natale!













































Beppe Tassone

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